5/05/2011

Ex Bertone, il ritorno sulla terra della Fiom dopo le giravolte nel cielo dell'ideologia

Ex Bertone, il ritorno sulla terra della Fiom

Prima o poi quel momento doveva arrivare. Ed è arrivato. Anche prima del previsto. Si tratta ‘del ritorno sulla terra' della Fiom, dopo le grandi giravolte nel cielo dell'ideologia. Nel referendum svoltosi alla ex Bertone di Grugliasco (TO) per confermare o meno l'accordo (‘il ricatto') della FIAT, hanno stravinto i SI. Con la benedizione - appunto - della Fiom, che non potendo dare indicazione di votare SI senza smentire se stessa, ha preso atto della situazione affermando che il voto positivo rappresenta una "legittima difesa" da parte dei lavoratori. E ribadendo che comunque non firmerà alcun accordo con la Fiat.
Se ci riferissimo a dei cattolici, diremmo che si tratta di ipocrisia bella e buona; diversamente dobbiamo constatare che si tratta ancora una volta - per la Fiom - di un'occasione persa nella comprensione e nel governo dei processi economici e lavorativi nel mondo globalizzato.


Quei lavoratori che altrove (Mirafiori e Pomigliano) erano stati apostrofati come servi e venduti, qui a Grugliasco si sono trasformati, votando SI, in nuovi eroi dell'era moderna.
Molto più terra terra, è avvenuto semplicemente quello che si poteva prevedere, e cioè che a fronte dell'impossibilità di scaricare su qualcun altro le proprie responsabilità (qui la Fiom detiene un'ampia maggioranza di consensi), anziché continuare coerentemente per una strada che avrebbe portato i lavoratori ad una tragica, ma pur sempre dignitosa, conclusione, la Fiom ha preferito mettere in scena la propria ‘cultura gregaria', che presuppone sempre che ci sia qualcun altro ad assumersi le responsabilità, che ci sia qualcun altro a decidere, che ci sia qualcun altro cui dare la colpa.

Perfino - come nel nostro caso - se questo ‘qualcuno' sono gli stessi rappresentanti sindacali aziendali della Fiom! Anzichè contribuire a governare il difficile processo di trasformazione del nostro sistema industriale, i dirigenti della Fiom hanno preferito subirlo. Duri e puri. Felici e perdenti. Semmai stupisce come tale cultura possa ancora condizionare una Cgil che, credo, abbia invece ben chiare le sfide che abbiamo di fronte. Fin qui il discorso potrebbe perfino concludersi positivamente: la Fiat investe in Italia (speriamo bene...) e i lavoratori non perdono il lavoro e mantengono una adeguata retribuzione.


Il bello (o il brutto) deve però ancora venire, nel senso che alla condizione di precarietà del lavoro si sta sostituendo - se mi si consente il cambio di scala - la precarietà del nostro ‘sistema Paese'. Non è questo o quel lavoro ad essere precario (neppure chi ha un rapporto a tempo indeterminato è fuori pericolo), ma è l'Italia intera, nella nuova competizione globale, a trovarsi in condizioni di precarietà. A tutto questo si può rispondere dando la colpa a qualcun altro, oppure assumendosi le proprie impegnative e irrinunciabili responsabilità.


Qui il discorso si allarga alla politica, e non vorrei che chi ha compiti di governo nel nostro Paese adotti comportamenti speculari a quello della Fiom. Perché se si continua a lasciare il tema dello sviluppo, del lavoro e del fisco fuori dall'agenda delle priorità, c'è da essere seriamente preoccupati.

Franco Lorenzon

Segretario Generale Cisl Treviso