29/05/2011
Prima ancora di essere effettuata, l'Assemblea di Unindustria di Treviso
ha avuto un indubbio successo. Più per la programmata manifestazione di
protesta, che per l'andamento dei lavori, caratterizzati per lo più
dalla riaffermazione dell'orgoglio industriale.
Franco LorenzonNon basta una marcia per essere il "cuore della società"
Non basta una marcia per essere il "cuore della società"
Qualcuno ha accostato questa protesta a quella che in passato aveva
visto protagonista la stessa Unindustria trevigiana, guidata allora da
Nicola Tognana. In realtà la cifra politica delle due iniziative è
profondamente diversa.
Allora Tognana rappresentava una base di imprenditori medio/piccoli che
non trovava udienza nei piani alti di Confindustria nazionale. Non a
caso Tognana diventò poi vicepresidente nazionale dell'Associazione.
Ora Vardanega non ha bisogno di spazio politico dentro Confindustria,
essendo uno dei primi e più autorevoli sostenitori della Marcegaglia.
Quale dunque il senso politico di una protesta, che tale è stata, al di là delle precisazioni formali?
In realtà è in gioco il rapporto tra Confindustria e Governo (non
‘questo Governo'), un rapporto che storicamente è stato sempre di grande
collaborazione. La lobby imprenditoriale, infatti, ha sempre saputo far
valere molto bene i propri interessi nei confronti di qualsiasi
Governo.
Cos'è successo allora di così importante da determinare un atteggiamento così clamoroso?
La prima ipotesi - la meno convincente - è che Confindustria conti meno
nei confronti della politica e del Governo. La Confindustria continua a
contare, eccome se conta!
La seconda ipotesi - vera ma non decisiva - è che la crisi mondiale non
consenta al Governo molti margini di manovra. I margini ci sono ma, come
vedremo, non sono di facile realizzazione.
La terza ipotesi - che considero la più fondata - è che questa politica
(e questo Governo) non sia in grado di dare molto, a meno che non
riformi se stessa, rimettendo in discussione i modi e le forme con cui
essa governa il nostro Paese. In parole più chiare, riformando un
sistema politico in cui lavorano a vario titolo circa un milione di
persone, e il cui lavoro è quello di autoalimentarsi producendo
burocrazia e costi, che si traducono in tasse aggiuntive sul lavoro.
E questo, per Confindustria e per tutto il mondo del lavoro, non è più sopportabile.
Sotto questo punto di vista il gesto simbolico di Unindustria Treviso ha
una sua logica, anche se la forma adottata è sicuramente rivedibile: se
neanche gli industriali si riconoscono più come classe dirigente di
questo Paese, chi dovrebbe farlo?
C'è invece un aspetto dell'assise trevigiana che mi trova in disaccordo,
ed è quello richiamato nel titolo della convention, là dove si afferma
che le imprese sono "cuore della società".
Sarebbe stato ragionevole considerare le imprese "motore" della società,
ma non cuore. Se non altro perché "essere cuore" è una qualità da
meritarsi e da condividere con altri soggetti della politica, della
società civile, del lavoro e dell'economia, della cultura e delle
religioni.
Per essere "cuore" occorre, infatti, avere strategia per il futuro,
responsabilità sociale e soprattutto qualità morali che nessuno ha, né
può avere, in esclusiva. Diversamente, si rischia, com'è avvenuto
all'assise di Unindustria, di dimenticarsi delle migliaia di lavoratori
che in questo ultimo periodo in provincia di Treviso hanno pagato la
loro responsabilità con la incolpevole perdita del posto di lavoro.
Segretario Generale Cisl Treviso