8/03/2011

Electrolux e la "nuova industrializzazione". Lorenzon: "Serve un cambio di marcia"

Electrolux e la "nuova industrializzazione"
Lorenzon: "Serve un cambio di marcia"

La vicenda Electrolux - col suo carico di sofferenze e di aspettative, che sono cresciute con l’ultima manifestazione di Conegliano - può insegnarci molto circa i problemi che dovremo affrontare nell’evoluzione del comparto manifatturiero della nostra Provincia. A prescindere dagli esiti specifici della vertenza (magari ci fosse una soluzione ‘alla Fiat’!), non c’è alcun dubbio che siamo giunti al capolinea del periodo di industrializzazione iniziato negli anni ’60 con la Zoppas, che aveva trovato nel “metal-mezzadro” la sua simbolica rappresentazione.

Ora siamo di fronte ad un nuovo scenario che impone un cambio di marcia allo sviluppo produttivo della nostra Provincia. Siamo infatti alla vigilia – anzi, abbiamo già cominciato – di un percorso che potremmo definire di “nuova industrializzazione”, i cui tratti caratteristici sono ben diversi da quelli che hanno segnato il periodo che abbiamo alle nostre spalle. Per avere un’idea, la figura del nuovo “lavoratore simbolo” potrebbe essere quella del “metal-service”: una combinazione tra le tradizionali professionalità metalmeccaniche e nuove professionalità che incorporano competenze “terziarie” (qualità, conoscenza, servizi) funzionali ad una “industrializzazione di seconda generazione”. Dove porterà questo modello? E’ presto per dirlo, ma sicuramente si svincolerà da quella competizione sui costi che vedrebbe il nostro sistema produttivo – a fronte alla crescita dei Paesi emergenti – sicuramente perdente. Ma questo impone anche al sindacato un cambio di marcia.

Se, infatti, fino ad ora, il rapporto – più o meno conflittuale – tra capitale e lavoro aveva regolato e composto gli interessi delle imprese e dei lavoratori, ora la globalizzazione ha provocato una frattura tra le logiche del capitale e dell’economia (che si sono globalizzate) e quelle del lavoro e della società (che sono rimaste localizzate). In tal modo il capitale dispone ora di una opportunità che prima non aveva, e cioè quella di “lasciare il tavolo del confronto”, per investire in altri Paesi del mondo. Questa facoltà non può essere scalfita, se non marginalmente, da un mero appello alla “responsabilità sociale dell’impresa”, cosa importante ma non decisiva se si limita al semplice richiamo moralistico.

E’ invece necessario – e qui si colloca il salto di qualità per il sindacato, ma anche per le imprese – ricomporre la frattura tra le esigenze della competizione economica globale e le esigenze sociali della comunità locale. Questo obiettivo si può raggiungere solo se i lavoratori si fanno carico dei problemi competitivi delle aziende e queste ultime si fanno carico dei problemi occupazionali e salariali dei lavoratori.

E’ questo il tema della partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’impresa, partecipazione che non va intesa come indistinta responsabilità di governo (che rimane in capo alla dirigenza aziendale), ma come “decisione condivisa” dei progetti di rafforzamento strategico ed organizzativo delle aziende misurato nel medio-lungo periodo, in modo che le legittime aspettative del ritorno degli investimenti dei capitali si compongano con le altrettanto legittime aspettative di continuità occupazionale e di miglioramento salariale e sociale dei lavoratori.

Si apre così anche una stagione di rivendicazione di diritti di “nuova generazione”, cioè dei diritti di “contare” nelle aziende, con l’incremento delle conoscenze, della formazione, dell’informazione e del coinvolgimento dei lavoratori. A ben pensare, questa strada appare anche l’unica capace di salvaguardare quei diritti sociali “di prima generazione” che già ora sono oggetto di erosione, essendo i rapporti di forza oggi del tutto squilibrati a favore del capitale e dell’economia globalizzata, e che nessuna ‘lotta di classe’ può minimamente salvaguardare.

E’ grazie anche a queste considerazioni che si è potuto sottoscrivere con Unindustria di Treviso il recente “Patto per lo sviluppo”: un percorso appena iniziato, cui va data progressiva realizzazione operativa, con la consapevolezza che la cooperazione, e non il conflitto, tra imprese e lavoratori può farci raggiungere risultati migliori. Se poi anche la politica facesse la sua parte, con meno burocrazia, meno tasse sul lavoro e più coerente programmazione strategica, saremmo (quasi) a cavallo. 

Franco Lorenzon
Segretario generale Cisl Treviso

 

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